Mister Park non mi avrà

Sto ancora qui, davanti allo schermo, con le mani sulla tastiera e la testa che pulsa. Il sito è aperto, le pagine in attesa, le foto allineate, i frammenti di diario lì, fermi, inermi. Dovrebbe essere un rifugio. Ma ormai non lo è più. I piedi affondano sempre di più. Il cemento stringe. Più mi dibatto, più mi sembra di sprofondare. Mister Park mi ha ripreso, mi ha afferrato per la gola, mi ha ricordato che non importa dove vado, lui è sempre lì. Forse ho lottato troppo. Forse è ora di arrendersi. Smettere di inseguire, smettere di costruire, smettere di provare a tenere tutto insieme con le unghie e con i denti. Lasciare che tutto crolli. E se lo facessi? Se chiudessi questo sito, se smettessi di raccogliere, di sistemare, di catalogare pezzi di me? Se mi lasciassi trascinare, senza più opporre resistenza, senza più provare a dare un senso a tutto questo? No. Anche se sono stanco, non smetterò mai di lottare contro Mister Park. È una battaglia senza tregua, senza riposo, senza fine, ma non posso permettermi di cedere. Non voglio cedere. Però, un pensiero si insinua, tagliente, spietato: se neanche papa Giovanni Paolo II è riuscito a combatterlo, come potrò vincere io? Se un uomo così forte, così determinato, non ha potuto piegarlo, cosa mi fa credere di poterci riuscire? Eppure, non posso fermarmi. Non voglio fermarmi. Anche se il cemento si fa più pesante, anche se Mister Park mi osserva dall’ombra, pronto a riaffiorare ogni volta che credo di averlo dimenticato. Forse non vincerò mai. Forse è una guerra persa in partenza. Ma non sarà lui a spegnermi.