Quando mi guardo allo specchio, con quello sguardo perso che il Parkinson mi ha lasciato, è come se vedessi una versione diversa di me, qualcuno che conosco eppure che mi sembra sempre nuovo. Mi osservo e noto i piccoli cambiamenti: il tremolio leggero, l’espressione che fatica a seguire il pensiero, la consapevolezza che certi movimenti, un tempo naturali, ora sono frutto di attenzione, di volontà. A volte, questo riflesso mi fa male. Mi ricorda che il mio corpo sta cambiando in modi che non posso controllare, che ci sono aspetti di me che sembrano allontanarsi, scivolare via. È una sensazione di smarrimento, di nostalgia per quella libertà di cui forse non mi ero mai reso davvero conto. Ma, in questi momenti, cerco anche di vedere oltre. Di trovare nel riflesso qualcosa di più profondo, qualcosa che il Parkinson non può togliermi. Ho scoperto che, dietro lo sguardo perso, ci sono ancora io forse più fragile, ma non per questo meno forte. C’è una parte di me che resta, che continua a lottare, a vivere ogni giorno con più intensità. Quello che vedo allo specchio mi sfida ad accettarmi, a guardare non solo ciò che ho perso, ma anche quello che posso ancora costruire. Forse, in quello sguardo perso, posso trovare la forza di riscoprire me stesso, con pazienza e con rispetto per questa nuova realtà.

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