L’altro giorno, provando un paio di occhiali, è successo di nuovo: la frustrazione è salita, improvvisa, mentre cercavo di rimetterli nella vetrinetta. La mano tremava, il corpo sembrava non volermi ascoltare, e in quel momento ho dovuto fermarmi. Non ce l’ho fatta. Alla fine, qualcuno si è avvicinato e mi ha aiutato.
Ammetto che inizialmente ho sentito un misto di vergogna e amarezza. Perché ho bisogno di aiuto per una cosa così semplice? mi sono chiesto. Ma poi ho capito che accettare quell’aiuto non era una sconfitta. È stato un atto di fiducia, un modo per riconoscere che non devo affrontare tutto da solo.
Il Parkinson mi insegna, ogni giorno, l’umiltà di chiedere e accettare supporto. Mi ricorda che non è debolezza affidarsi agli altri, ma una forza che nasce dal riconoscere i propri limiti e dall’accogliere la gentilezza di chi mi è accanto. Non ho posato quegli occhiali da solo, è vero. Ma quel gesto condiviso mi ha fatto sentire meno solo. E questo, per me, vale molto di più.
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