Il tiranno silenzioso!!

Caro Parkinson, compagno sgradito e tiranno silenzioso, non si muore di te, no. Non hai la decenza di colpire in un solo istante, di porre fine al tormento con un colpo secco. No, tu preferisci un gioco crudele: mi spegni piano piano, giorno dopo giorno, rubandomi brandelli di vita come un ladro invisibile che si aggira nella mia ombra. Oggi hai deciso di farmi provare un’altra umiliazione. Un pranzo, un semplice pranzo, è diventato un campo minato. Ogni boccone un rischio di soffocamento, ogni movimento un atto di coraggio. Ho sentito il calore del cibo come una minaccia, non un piacere. E tu ridevi, ne sono certo. Ti divertivi a guardarmi lottare con la mia stessa gola, a farmi sentire prigioniero di un corpo che non risponde, un corpo che ormai non mi appartiene più. Non sei contento, vero? No, non ti basta. In questi giorni hai voluto regalarmi un’altra emozione: la possibilità che potrei morire dentro. Non nel senso figurato, no, ma letterale. Come se fossi destinato a collassare su me stesso, un peso inutile per chi mi circonda, un ingombro sempre più pesante.
Quando pensi di finirla? Quando troverai soddisfazione? Perché io non ne ho più. Non ho più voglia di combatterti, non ho più voglia di chiedere tregua o di sperare in un giorno migliore. È una speranza che hai già consumato, come tutto il resto. Mi guardo allo specchio e non vedo più me stesso. Vedo una figura sbiadita, una maschera che si muove a scatti, un riflesso di quella che una volta era la mia vita. E tu sei lì, sempre lì, a ricordarmi che il peggio deve ancora venire. Caro Parkinson, sei un condannato a vita, ma io sono la tua prigione. E il paradosso è che nessuno dei due potrà mai fuggire.

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